Qualità: nel mondo degli esperti SEO, questa è una parola che si sente sempre più spesso, soprattutto negli ultimi anni. L’algoritmo di Google diventa ogni giorno sempre più attento alla qualità dei contenuti: per conquistare un buon posto nella classifica più ambita al mondo (quella del ranking del motore di ricerca più usato), bisogna fare attenzione alla qualità dei propri contenuti.
Facile, no? No.
Già perché è complicato interpretare scelte e annunci che provengono da Mountain View e, soprattutto, è difficile stare dietro ai continui aggiornamenti. Non basta leggere qualche articolo qui e là: servono esperienza, pareri esperti, studi e ricerche continui per capirci qualcosa.
Sulle ultime scelte di Google, è stato di recente pubblicato un paper su Search Metrics, agenzia e centro di ricerche statunitense, con esperienza decennale, che l’anno scorso si è aggiudicata lo US Search Awards nella categoria Best SEO Software.
Con il suo studio, Searrch Metrics ha cercato di inquadrare in maniera semplice e chiara quali sono i criteri che il motore di ricerca utilizza per etichettare un contenuto “di qualità”. Ecco i risultati dell’analisi dei dati prodotti.
Lungo è bello
La velocità e la brevità non pagano. Il presupposto è: se un contenuto è troppo breve, vorrà dire che non è abbastanza approfondito. Se non è abbastanza approfondito sarà probabilmente di scarsa qualità e poco gradito per il lettore. Secondo lo studio, la lunghezza media dei primi 30 risultati su Google è aumentata di circa il 25% nel solo ultimo anno.
Allo stesso tempo, la leggibilità è un fattore dominante: se i post si allungano, devono però mantenere alta l’attenzione del lettore. Bando dunque al linguaggio troppo complesso e a termini tecnici e gergali non spiegati adeguatamente.
User Experience
La User Experience, l’esperienza di lettura per l’utente, dev’essere semplice, rapida, fluida: se i contenuti sono ben strutturati e il caricamento non è troppo pesante, è difficile che i lettori decidano di abbandonare il post. Particolare attenzione bisogna dedicare alla presentazione della pagina su mobile (come abbiamo visto tante volte).
Parole chiave addio?
Forse è presto per dirlo, ma le keyword e le parole chiave hanno un ruolo più marginale che in passato. O meglio, Google non premia più come prima l’incidenza dei tag sul totale delle parole di un pezzo: meglio rendere il pezzo facile da leggere e soprattutto “naturale” alla lettura, piuttosto che rimpinzarlo di keyword inserite a caso.
Come si vede chiaramente da questo grafico, le prime 5 pagine del ranking contengono molte meno parole chiave delle successive 5:
Il link building è morto?
Di certo è moribondo . Più precisamente, stanno diventando obsolete le pratiche di link building innaturali e gli anchor studiati unicamente in ottica SEO.
D’altronde, ne avevamo già parlato qui.
Social è bello
Anche se non esiste ancora una precisa correlazione tra la viralità sui social network di un contenuto e il ranking di Google, di certo non sembra nuocere: basta guardare quest’infografica molto chiara
D’altronde che i due aspetti abbiano una qualche affinità è evidente. Gli utenti dei social network non sono molto diversi da quelli di Google: se un contenuto attira interesse su Facebook, è molto probabile che risulti appetibile anche sui motori di ricerca.
(Photo Credi: SEOPlanter on Flickr)
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